Quando giravo gli ospedali con Virginia, mi chiesero di lavorare con Charlie, uno schizofrenico. Era convito che il Diavolo gli parlasse. Diceva agli psichiatri e alle infermiere che il Diavolo era venuto a trovarlo e che gli aveva bisbigliato brutte cose sul loro conto. La sua famiglia era disperata: avevano sentito parlare del mio approccio fuori dagli schemi e mi chiesero se potevo aiutarlo.
Dicevano che Charlie era pazzo, ma per me era meno matto della maggior parte delle persone con cui sono cresciuto.
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Era uno di quegli schizofrenici paranoici tanto dolci, di quelli che fanno tenerezza.
Era terrorizzato. Gli chiesi: “Perché continui a guardare fuori dalla finestra? Siamo al terzo piano, cosa ti aspetti di vedere?”.
Allora mi disse che il Diavolo gli parlava. E quando entrava uno psichiatra, Charlie sbottava: “Il Diavolo mi ha detto che gli appartieni e che brucerai all’inferno”. Lo psichiatra scuoteva la testa e, per aiutarlo a star meglio, lo imbottiva di psicofarmaci. Tutto questo nella speranza che “gli si sarebbero schiarite le idee”.
Be’, resti fra noi, io sono cresciuto negli anni Sessanta e ho una discreta esperienza in materia… e vi posso assicurare che quando ti imbottisci di quella roba, le idee si annebbiano più che schiarirsi!
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La maggior parte degli psichiatri semplicemente non sapeva cos’altro fare. Avevano le migliori intenzioni,seguivano il protocollo. Non provavano niente di nuovo, ed è lì che io ero in vantaggio. Dato che ciò che facevano non funzionava, ne dedussi che qualsiasi cosa io avrei provato di diverso avrebbe avuto più probabilità di successo. Gli psichiatri gli dicevano che non parlava realmente con il Diavolo, e Charlie rispondeva: “Mi ha avvisato che me lo avreste detto. Mi ha anche raccomandato di dirvi che verrà presto a prendervi”.
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Ogni notte il Diavolo gli faceva visita e gli parlava.
Gli chiesi: “Come fai a sapere che è il Diavolo?”. Non credo che nessuno glielo avesse mai chiesto: si limitavano a dirgli che non era vero.
E Charlie rispose: “Be’, so che è il Diavolo perché ha le corna!”.
E allora dissi: “Quindi, se io domani venissi qui e avessi le corna, sarei il Diavolo?”.
“No, sei troppo basso.”
“Cosa?”
E Charlie: “Sì, il Diavolo è alto circa dieci metri, la sua faccia è grande come la finestra”.
E io scrissi sul mio blocco per appunti: alto dieci metri e faccia grande come la finestra.
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Allora chiesi: “Di che colore è?”
“Rosso.”
E presi nota: rosso. Ovvio che il Diavolo è rosso!
“Mi grida sempre contro. Mi dice brutte cose sulla mia infanzia e su quel che ho fatto. E mi dice che brucerò per l’eternità in un lago di zolfo fumante e che mi spellerà vivo.”
E a quel punto Charlie scoppiò in lacrime e cominciò a singhiozzare.
Faceva davvero pena vederlo così. La ragione per cui ho cominciato a sperimentare certe manovre fuori dal comune è che non sopportavo di vedere le persone soffrire in quel modo. Charlie stava male perché era intrappolato nella sua mente. Mi dispiaceva talmente tanto per lui che presi il telefono e decisi di provare qualcosa di diverso.
Chiamai quelli che lavoravano nel mio laboratorio, perché al tempo avevo un’azienda che si occupava di ricerca e sviluppo e facevamo tutta una serie di cose fantastiche con gli ologrammi. Questo mi diede l’idea.
Li chiamai e dissi: “Caricate il furgone”.
Mi chiesero: “Cosa ci serve?”.
E io: “Un sistema idraulico, un grosso laser e una macchina del fumo”.
Poi, dopo il calar del sole arrivò il momento della verità.
Uno dei miei aveva portato un carrello in mezzo al prato e aveva acceso la macchina del fumo, in modo che fosse possibile vedere le proiezioni laser. Avevamo comprato da un’altra azienda un grande ologramma del Diavolo: un diavolaccio enorme e minaccioso, con la faccia cattiva, denti grandi e acuminati e giganteschi occhi demoniaci. Ovviamente, era rosso e aveva le corna!
[…]
Charlie era andato a dormire. Capirete che, per ovvie ragioni, faceva una certa fatica a prendere sonno. Improvvisamente, una luce brillante penetrò dalla finestra e Charlie balzò in piedi.
Ora, noi eravamo nella stanza accanto e lo guardavamo attraverso telecamere a circuito chiuso. E cercavamo di trattenerci dal ridere perché, alzatosi, Charlie esclamò: “Ma che diavolo…”.
L’espressione sulla faccia di Charlie era impagabile. Aveva l’aria terrorizzata e continuava a premere il bottone per chiamare l’infermiera. Come ovviamente saprete, se si viene attaccati da forze demoniache, la difesa migliore è chiaramente l’infermiera del turno di notte!
[…]
Cavolo, premeva quel bottone come un forsennato e gridava, gridava. All’improvviso alzò lo sguardo, guardò verso la finestra ed eccolo lì: il Diavolo, alto dieci metri. Charlie allora attraversò nervosamente la stanza e guardò fuori, strabuzzando gli occhi.
E a quel punto arrivò la voce… Due potenti amplificatori Marshall, nascosti tra gli alberi, e un sacco di riverbero – per le figure religiose o demoniache ci vuole sempre il riverbero… Io cominciai a parlare… Perché ero io con un microfono, nel caso aveste iniziato a preoccuparvi.
E dissi: “Charlieee!!!”.
E lui tremava come una foglia. Voleva scappare, ma era chiuso nella stanza e non aveva vie di fuga. E mentre cercava disperatamente di aprire la porta, io gli dissi ancora: “Charlieee, hai raccontato in giro di me”.
Lui era schizofrenico, ed essere schizofrenici non significa essere stupidi, ok? Quindi Charlie tornò alla finestra e disse: “Hai un aspetto diverso, stanotte”. Questo per me era la dimostrazione definitiva che non era talmente pazzo da non distinguere quello che gli stava accadendo da quello che era solo nella sua mente.
[…]
E allora gli dissi: “Esatto. È perché questa è la mia ultima visita!”.
E Charlie, preoccupato: “L’ultima?”. Perché, a ben pensarci, questo poteva implicare una serie di cose diverse…
E il Diavolo: “Non parlerai mai più di me. Mai più. Per il resto dei tuoi giorni. O subirai indicibili torture per tutta l’eternità. Hai capito?”.
E Charlie con un gemito: “S-s-sssì!”.
Peraltro, facendo questo genere di cose ho imparato delle lezioni molto importanti.
Una è che bisogna sempre accertarsi che il personale dell’ospedale sia stato informato.
Il giorno successivo venni a sapere che c’era stato un gran via vai di persone, quella notte, nella cappella della clinica!
[…]
Vedete, avevo un po’ di contatti all’interno di una compagnia di assicurazioni e, visto che Charlie una volta era stato un venditore, chiesi se potevano farmi un favore e offrirgli un lavoro. Charlie diventò un dipendente provetto: lavorava come un indemoniato!
Vendette assicurazioni per un valore di oltre un milione di dollari in meno di un anno e, credetemi, per farlo bisogna essere veramente motivati.
Charlie tornò a condurre una vita dignitosa. Adesso, anziché essere bloccato in un ospedale, prigioniero dei suoi pensieri, poteva vivere una vita migliore.