Prendete in considerazione una nuova esperienza. Tutte le volte che vi trovate a far fronte a una situazione nuova o inaspettata, il cervello, come un generale di battaglione, chiama a raccolta le sue truppe (i neuroni) per analizzare e gestire la situazione. Questa mobilitazione generale richiede un maggiore dispendio di energia (motivo per cui imparare qualcosa di nuovo può essere così stancante) e il vostro rilevatore di consumi incorporato si attiva istantaneamente facendovi provare un senso di disagio (talvolta interpretato come paura). Per contro, tutte le volte che vi affidate a schemi preesistenti usate meno neuroni. Non c’è alcun bisogno di richiamare i riservisti. Il conflitto è minimo o del tutto assente. Sapete già cosa aspettarvi. Dentro di voi provate un senso di familiarità e sicurezza.
L’analogia appena descritta illustra il principio di efficienza, che sta alla base di ciò che chiamiamo comunemente zona di comfort. A dire il vero, spesso è tutt’altro che confortevole.
Di certo è familiare e prevedibile, motivo per cui le persone spesso evitano di uscirne.
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Il principio di efficienza spiega anche parzialmente perché le persone tendano a preferire la compagnia di chi la pensa come loro e perché talvolta preferiscano evitare le nuove conoscenze o perché si sentano a disagio in loro compagnia.
È assai più semplice e meno dispendioso in termini energetici convivere con gli altri se il livello di conflitto è minimo. Fare continuamente spazio per incorporare nuovi insiemi di valori nella nostra vita sarebbe uno spreco di tempo e di energie. Mantenere lo status quo è energeticamente efficiente, eppure può anche risultare distruttivo.
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Eppure, la maggior parte dei nostri conflitti interiori deriva da un’avversione al cambiamento. Per darsi una spiegazione che giustifichi questo dissidio interiore, le persone continuano a rivedere nella propria mente le stesse spaventose fantasie. Ciò fa sì che il cervello continui a produrre le stesse sostanze chimiche che vanno ad alimentare la paura.
La paura di parlare in pubblico, spesso citata come la prima paura degli americani (anche se quasi nessuno è in grado di dire cosa ci sia di così spaventoso in quell’attività), ne è un eccellente esempio. La minaccia percepita è mentale, non fisica. Nessuno muore per aver parlato a un gruppo di persone; ciononostante, la paura che si prova è reale e può essere talmente intensa da paralizzare quasi del tutto.
Per quanto dimostrarsi cauti davanti a un gruppo di sconosciuti possa avere avuto dei vantaggi evolutivi, noi riteniamo che questa paura sia frutto dei tempi moderni e venga perlopiù appresa durante gli anni di scuola.
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A tanti anni di distanza, l’episodio potrebbe essere sepolto tra i vostri ricordi, ma il corpo non dimentica e attiva prontamente la stessa risposta ogni volta che vi trovate ad affrontare una situazione simile. E ogni volta è un po’ peggiore della precedente.
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La paura è un qualcosa di strano e misterioso. Non soltanto ciascuno di noi ne fa esperienza in modo diverso (o almeno questa è l’impressione), ma ciascuno di noi ha paura di cose completamente diverse.
Pensateci, ci sono persone che vanno all’aeroporto, salgono su un piccolo aereo privato e quando arrivano a tremila metri di altezza si lanciano nel vuoto e la loro unica arma contro l’inesorabile forza di gravità è un lenzuolo di seta.
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E poi ci sono quelle persone – stessa età, sesso, altezza, peso, percorso di vita – che si riducono a rottami tremolanti al solo pensiero di imbarcarsi su un volo di linea per un viaggio d’affari.
Le condizioni sono le stesse, ma le risposte sono enormemente diverse.
Il fatto è che nessuna di queste persone risponde alla realtà.
Ciascuna di loro ha acquisito dati simili dall’esterno, li ha elaborati sulla base delle sue personali convinzioni, esperienze e valori, e poi ha costruito una serie di risposte.
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I principi della PNL mettono a vostra disposizione strumenti sempre nuovi per modificare e ottimizzare la vostra esperienza soggettiva.
Per riuscirci, dovete dapprima comprendere cosa rende unica ciascuna vostra esperienza: ciò che conta sono le vostre sensazioni e le vostre esperienze. Le interpretazioni e le percezioni che vi giungono dall’esterno passano in secondo piano. E ricordate: se il vostro obiettivo è produrre un cambiamento, come fate a provare una certa sensazione è molto più importante del perché.