Perché negare?

Molti dei consigli che si ricevono (o che si danno) sono formulati come frasi negative. Con questo non intendiamo dire che la persona non pensi in modo positivo. Però sta cercando di liberarsi da un problema evitando di fare qualcosa. Cercare di non avere un pensiero o di non compiere un’azione può essere paralizzante. Di fatto, questo meccanismo è il motivo per cui certi disturbi, come gli attacchi d’ansia o i comportamenti compulsivi, finiscono per sfuggire al nostro controllo.

Non fare qualcosa proprio non funziona. Il sistema nervoso umano non è strutturato per elaborare le negazioni. E con negazioni intendiamo tutte quelle parole e locuzioni la cui funzione è quella di cancellare o di invertire il significato di una frase, come “non”, “evitare”, “smettere” e così via.

Se avete figli vostri o vi siete mai presi cura di un bambino avrete forse fatto esperienza diretta delle conseguenze di dire a un bimbo di tre, quattro anni: “Non rovesciare il latte!”. Qualcuno potrebbe addirittura essere convinto di aver capito tutto della “psicologia inversa”, perché invita i propri figli a non fare le cose che vuole fargli fare.

Il fatto è che il cervello ha prima bisogno di rappresentare l’azione (ad esempio rovesciare il latte) e quindi di negarla in qualche modo, ma a quel punto è spesso già tardi. Creare il cambiamento segue il medesimo principio: è meglio fare qualcosa che cercare di non fare qualcos’altro. Si tratta di individuare degli esiti alternativi chiari verso cui indirizzare il cervello (“Bravo, tieni il bicchiere con tutte e due le mani”).